La bicicletta di Leonardo da Vinci
Durante il restauro del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci fatto dai monaci di Grottaferrata (Roma) nel 1966, venne alla luce, insieme ad altri disegni, lo schizzo della “bicicletta” fatta con matita a carboncino in leggera tinta marrone.
Il Prof. Marinoni attribuì il disegno, rimasto invisibile per oltre trecentosessant’anni in quanto nel XVI secolo era stato incollato ad un altro foglio da Pompeo Leoni, a una copia di un disegno perduto del Maestro malamente fatta da uno scolaro della bottega di Leonardo.
L’autore del disegno dovette essere il “piccolo”, allievo e modello del maestro detto Salaì, che è l’unica parola scritta sul foglio. La trasmissione a catena con ruote a denti cubici deriva certamente dal disegno vinciano del Museo di Madrid I,f.10, che nessuno potè conoscere prima del 1966. L’opinione del Prof. Marinoni fu condivisa da diversi studiosi ma rimane ancora oggi controversa.
Nel 1978 Carlo Pedretti pubblicò copia del disegno da lui visto in controluce nel 1961, prima del restauro, formato solamente da alcuni elementi geometrici. Nel 1997, all’ottava Conferenza internazionale sulla storia del ciclismo, tenuta a Glasgow, Hans-Erhard Lessing mostrò gli elementi di incongruenza del disegno.
Attualmente la quasi totalità degli studiosi concorda nel ritenere il disegno un’alterazione eseguita con una matita moderna, perciò privo di qualsiasi legame con Leonardo o con i suoi assistenti.
Fonte: wikipedia
la bicicletta non dispone di un sistema di sterzo